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Latorre e Girone, ritratto di due soldati

Pubblicato su da Antonio

LATORRE   Candidato alle Comunali di Taranto, due bauli sempre pronti in garage

Il santino elettorale era già pronto, l'idea era riciclare le foto fatte due anni fa per le elezioni regionali: Massimiliano Latorre in città è noto per il suo impegno nel sociale, trasfuso nel 2007 in una candidatura alle comunali con At6-Lega d'azione meridionale, la lista dell'ex sindaco-sceriffo Giancarlo Cito. Qualche mese fa ha creato un profilo pubblico su Facebook per cominciare in anticipo la campagna elettorale. Chi lo conosce dice che non verrà meno al suo progetto, malgrado quello che gli è capitato.

Una figlia diciottenne, Giulia, avuto da una relazione precedente, e tre figli dalla moglie Rosalba, dodici anni, dieci anni e 19 mesi, il maresciallo è in Marina da un quarto di secolo: centrare l'obiettivo del Consiglio comunale potrebbe significare la possibilità di restare a Taranto, accanto alla famiglia, più tempo di quanto non riesca a fare ora, costretto com'è oggi alla spola con Brindisi, dove i marò hanno la base. E alle missioni.

Non che fosse stanco del suo lavoro: nel box, accanto all'auto, tiene sempre pronti due bauli, tutto l'equipaggiamento per le missioni all'estero. E ne ha fatte, dal Kosovo all'Afghanistan, per ognuna una decorazione al merito appuntate in bella mostra sulla divisa che indossa nella foto del suo profilo sul social network.

Sua sorella Franca e il nipote trentacinquenne Christian non si sono fermati un attimo, mobilitando amici e politici. Lunedì scorso hanno scritto al presidente della Repubblica chiedendogli di non smettere di impegnarsi per Massimiliano. «Il momento più difficile di questi giorni – racconta un amico di famiglia – è stato spiegare al bambino di dieci anni, in lacrime, perché la foto di papà fosse sul giornale.

Gli amici hanno creato un gruppo online, raccogliendo oltre 3mila adesioni: per tutti la richiesta di pubblicare come foto del profilo il simbolo del battaglione San Marco con la scritta "Liberi subito". Per Indymedia è «uno dei due vili assassini dei pescatori indiani». Coperto da un nickname eloquente, Bakunin, c'è chi gli dà dello «skifoso, servo fascista». Gli ha risposto Carlo, un cugino di Latorre: «Si deve vergognare chi critica i Marò, ragazzi che affrontano tante avversità, portano pace dove sta la guerra, hanno a casa una famiglia, dei figli ai quali donano amore».

GIRONE   Cominciò da apprendista barbiere, lo attendono moglie e due figli

Hanno chiesto ai carabinieri di evitare che i giornalisti stazionino fuori dal palazzo. E hanno implorato il sindaco di Bari, Michele Emiliano, di portarli a Roma «per parlare con qualcuno, faccia a faccia». I parenti del trentaquattrenne sergente barese Salvatore Girone sono arrivati nel pomeriggio di ieri a Roma per incontrare i vertici dell'Unità di crisi della Farnesina: fin qui il ministero ha assicurato un contatto continuo con i famigliari, ma per telefono, e a loro questo non bastava più. Non si aspettavano però che a ricevei sarebbe stato proprio il capo del dicastero, Giulio Terzi. «Nel volto di questi nostri connazionali - dice Emiliano a Libero - c'è tutta la dignità e l'orgoglio di persone che credono nel proprio Paese, soffrono per il loro congiunto che è lontano da casa per servire la bandiera ma continuano ad affidarsi allo Stato credendo nelle istituzioni».

Vania Ardito, da undici anni moglie del marò, «è depressa, sta male», fa sapere zia Teresa: il rischio di non rivedere "Salva" per altri tre mesi, proprio non riesce a sostenerlo. Quella forte, della famiglia, è Vitamaria Limone, la suocera del militare, che con il marito Michele ha stabilito un quartier generale a Noicattaro, un paese dell'entroterra, una quindicina di chilometri dal capoluogo. Sono loro che aiutano mamma Vania a distrarre i due figli, un maschietto di 9 anni e una femminuccia di 5: sanno che papà sta bene, sta per tornare. «Quando? Perché non chiama?».

Il giorno del matrimonio, lui era in divisa bianca, lei sapeva di aver sposato un militare, sapeva che non sarebbe stata facile, col marito imbarcato. È che Salvatore aveva provato a cercare lavoro in città, come apprendista in un salone da barbiere molto gettonato nel quartiere, ma metter su famiglia «senza un posto» era difficile anche solo da pensare. Ora, quando va in missione, porta a casa duemila euro, altrimenti in patria lo stipendio non supera i 1.600, e pagare il mutuo e tutto il resto diventa un'impresa. Domenica scorsa Alessandro, il fratello minore di Salvatore, ha linkato su Facebook un articolo tratto da un sito di informazione, "Se i due marò fossero americani e non italiani forse ora sarebbero già a casa". E ha commentato: «Stato di merda!». Ma era soltanto lo sfogo di un momento, poi lo ha rimosso.

© Libero del 7 marzo 2012

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