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Annullate mille espulsioni

Pubblicato su da Antonio

Per i giudici di Bari e Messina i decreti vanno tradotti

BARI - Sono un migliaio i decreti di espulsione di immigrati clandestini che nell'ultimo anno sono stati annullati dai giudici di pace di Bari e Messina, perché redatti in una lingua diversa da quella parlata dallo straniero. Nel capoluogo pugliese, oltre il 90% dei decreti viene annullato per questo motivo. «Nel 1954 l'Italia ha firmato la Convenzione di New York - dice Giuseppe Nuovo, capo dell'Ufficio immigrazione della Questura barese - la quale stabilisce che i provvedimenti siano tradotti nella lingua conosciuta dallo straniero ovvero, ove non sia possibile, in francese, inglese o spagnolo». Tuttavia, malgrado sia legittimo l'uso di queste lingue internazionali i decreti vengono annullati in sede di ricorso civile. È emblematico il caso di Bartalus E., 25 anni, rumeno. Durante una operazione di polizia nel Barese, è stato trovato senza permesso di soggiorno. Il prefetto ha disposto l'espulsione e ha fatto tradurre il provvedimento in inglese. Per il giudice di pace di Bari l'atto è nullo perché Bartalus «non conosce l'inglese». Ma anche il ricorso di un altro rumeno, Alexandru P., è stato accolto, malgrado il suo decreto fosse in rumeno: per il giudice, essendo il quarantanovenne di Bals di etnia rom, si sarebbe dovuto provvedere alla traduzione nell'idioma dalla sua etnia. A Bari è stato annullato il decreto scritto in inglese che disponeva l'espulsione di un nigeriano, malgrado la lingua ufficiale della Nigeria sia appunto l'inglese. «La Convenzione è carta straccia - dice Vincenzo Coccoli, dirigente della Questura di Messina -.Così come non hanno valore le numerose sentenze della Corte di Cassazione che hanno dato ragione alle prefetture». «Le abbiamo provate tutte», confida un funzionario di polizia barese: «La Suprema Corte ha anche sancito il principio per cui se un uomo straniero presenta ricorso contro un provvedimento, vuol dire che lo ha compreso, ne ha compresa la portata inflittiva e per questo si è rivolto a un tribunale». Anche questa obiezione in udienza viene puntualmente respinta. «In questo modo è tutto l'impianto del nostro lavoro che viene reso vano», conclude il vicequestore Nuovo.

© Il Sole-24 Ore Sud del 20 novembre 2006

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